Giacomo Leopardi - Opera Omnia >>  Dissertazione sopra la gravità




 

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Quella proprietà, che indifferentemente appartiene ad ogni corpo che esiste forma al presente il soggetto delle nostre ricerche. La luce della verità che finalmente sorse ad illuminarci ha fatto omai conoscere la falsità dell'antica proposizione, la quale affermava la leggerezza de' corpi abbracciata da' vecchj Filosofi assai di questi più lievi. Ogni corpo ha in se medesimo la forza di gravità, la quale non dee però confondersi con il peso comune anch'esso a tutti i corpi poichè al dir del chiarissimo Brisson "queste due voci gravità, e peso esprimono due cose diversissime. La gravità di un corpo è la forza, che lo sollecita a discendere, e il suo peso è la somma delle parti pesanti contenute sotto il suo volume". La gravità altro non è, per mio avviso, che un'attrazione del centro della terra relativamente ad ogni corpo, la quale agisce in proporzion della massa, ed i corpi spinge perpendicolarmente a discendere. Cartesio ricorre ad un vortice di sottilissime, invisibili particelle; che si aggira intorno all'asse del globo terraqueo, e spinge a basso ogni corpo che incontra nel velocissimo suo centrifugo corso. Da ciò seguirebbe che "una pietra, al dir d'un sensato Filosofo, solo sotto l'equatore caderebbe direttamente verso il centro della terra, e in ogni altro luogo ella scenderebbe verso i circoli paralleli all'equatore, e alla fine sotto i poli neppur verrebbe a cadere verso la terra" oltredichè una siffatta proposizione non può esser dimostrata in modo alcuno ugualmente al parer di Gassendo, favorito ancora dal celebre Bernier, il quale afferma uscir dalla terra degl'invisibili corpuscoli, che a guisa di ami, o di uncini trapassano qualsivoglia corpo, e quindi abbassandosi lo spingono perpendicolarmente verso il centro. Funesto sarebbe alcerto lo sperimentare in se stesso la forza, e la crudeltà di siffatti corpuscoli. Una tale assurdità merita appena di esser combattuta. Le qualità occulte, che tanto occuparono lo spirito degli antichi Fisici sono finalmente svanite al raggio della moderna Filosofia. Guidati da questa noi ammetteremo esser la forza di gravità una qualità occulta quando perciò non s'intendano, che i suoi effetti senza volerne più oltre ricercar la cagione. Questi congiunti alle loro leggi, e proprietà aprono al curioso, e saggio indagator della natura un largo campo di Fisiche osservazioni. Noi passeremo adunque a considerarli con quella brevità, che dall'ampiezza del soggetto dalla varietà delle proposizioni ci verrà permesso: ozioso certamente non fu questo proemio.

La forza di gravità in egual tempo agisce ugualmente; per cagion d'esempio se due corpi del peso medesimo per sola forza di gravità cadano l'uno dalla cima di una torre di sufficiente altezza, e l'altro dalla metà della stessa il corpo, che cade dalla sua sommità impiegherà per giungere al mezzo di questa quel tempo, che l'altro impiega per giungere a terra; benchè sembri che quest'ultimo sia più soggetto all'attrazione del centro essendo alla terra più vicino, e che perciò più veloce esser debba la sua discesa. La diversità della distanza è in questo caso sì piccola rimpetto alla mole immensa del globo terracqueo, la quale con accurati calcoli vien dimostrato da' Fisici contenere 300,000,000,000,000,000,000, piedi solidi, che devesi alcerto considerar come nulla, per il che viene la gravità chiamata costante. Io non ignoro, che ad alcuni imperitissimi spiriti sembrerà forse assurda una siffatta proposizione imperocchè dirann'essi si abbandonino alla propria gravità un piccolo grano d'oro, ed una leggerissima piuma l'uno equivalente al peso dell'altra si vedrà, che in assai minor tempo di quest'ultima percorrerà il primo lo spazio prefisso, e che, per conseguenza molto maggiore sarà la gravità dell'oro di quella della piuma. Con un sì grande apparato di verità errano quelli, che voglion dimostrare la falsità dell'opposta proposizione. Osservino questi, a quanta maggior resistenza dell'aria è soggetta la piuma, la quale non ha le sue parti come l'oro raggruppate, e raccolte, e non è conseguentemente capace di rompere al par di questo, e con la stessa forza, e velocità l'impeto dell'aria, che per ogni parte l'investe, la penetra, l'obbliga a ritardare non poco il suo corso, e talvolta ancora dalla sua direzion la distoglie. Vedesi infatti che nel vacuo boyliano liberi dall'accennato impedimento, e l'oro, e la piuma percorrono nello stesso tempo lo spazio medesimo.

La gravità è sempre uguale nei luoghi istessi della terra, ma nelle diverse posizioni diversa è ancora la forza di gravità come da Richer Accademico Parigino fu sperimentato nell'Isola Cajenna vicina all'equatore. Osservò egli, che un pendolo il quale in Parigi batteva regolarmente i secondi misurava nell'Isola tempi più lunghi. Ciò deve per mio avviso, e per quello de' più saggi Filosofi spiegarsi in tal modo. La terra aggirandosi intorno al suo centro ciascun punto della propria superficie insieme con tutti i corpi che sopra di essa si trovano vengono da essa portati a ravvolgersi unitamente a tutta la sua mole. Il circolo dell'equatore è maggiore di tutti quelli, che incontransi andando da questo ai poli maggiore, per conseguenza, esser deve la velocità della terra nel percorrere questo circolo di quella che impiega per trascorrerne qualunque altro; onde minore sarà la sua velocità quanto maggiore è la distanza de' circoli dall'equatore. Ciò posto è evidente, che ogni corpo discendendo al centro della terra sarà ritardato dal moto centrifugo della medesima, e che la resistenza che esso sperimenta tanto sarà minore quanto minore è la velocità del moto centrifugo, e conseguentemente quanto maggiore è la distanza del circolo, in cui esso si trova da quello dell'equatore, e viceversa. Perciò nell'Isola di Cajenna vicina a questo circolo più tarde esser debbono le oscillazioni del pendolo, le quali non sono, che un prodotto della forza di gravità, il che vien dimostrato dal modo medesimo in cui esse avvengono. Poichè s'innalzi un pendolo dal punto di quiete ad un altro punto qualunque di sufficiente altezza, e quivi si abbandoni; egli dovrebbe da questo punto cadere perpendicolarmente al centro della terra ma essendogli ciò impedito dal filo a cui è appeso la sua gravità non può operare che portandolo a descrivere nella sua caduta un arco che cominciando dal punto della sua elevazione va sino a quello, in cui egli era in perfetta quiete prima del sofferto innalzamento. Quivi giunto, e per la forza d'inerzia, che lo costringe a mantenere lo stato di moto, e per quella, che ha acquistata nella sua caduta si porta ad un'altezza orizontale al punto della sua prima elevazione, e quindi ricadendo per la sua gravità s'innalza sempre nel modo istesso, che abbiam detto ai punti medesimi per delle vibrazioni isocrone cioè dell'istessa durata; onde un pendolo mosso una volta sarà sempre in perpetuo moto; ciò che avvenir dovrebbe se esso non fosse soggetto a verun impedimento, ma l'aria, che egli è costretto a rompere per aprirsi il passo, e gli attriti del punto di sospensione ritardano a grado a grado il suo moto ed abbreviano le sue vibrazioni sino a ridurlo allo stato di quiete cose tutte, che dalla comune esperienza vengon dimostrate.

Ogni corpo allor che discende ad ogni momento acquista una maggiore accelerazione per mezzo della forza di gravità "poichè, al dir del celeberrimo Poli, non lascia ella giammai di accompagnare il mobile ne' varj successivi punti dello spazio, per cui va egli scendendo di mano in mano, e la velocità generata in ciascun istante non si distrugge, ma coopera con quella dell'istante, che segue attesa la Forza d'Inerzia, onde non si avrà difficoltà di convenire, che in tempi uguali si aggiungeranno al mobile uguali gradi di velocità. Quindi la velocità acquistata nel secondo istante sarà doppia della prima quella del terzo sarà tripla quella del quarto sarà quadrupla, e così in appresso, e conseguentemente il moto di un tal corpo sarà uniformemente accelerato. La velocità poi, che cotesto corpo troverassi avere nel fine della sua caduta sarà come il numero degl'istanti impiegati nel discendere, e quindi sarà la somma di tutte le velocità parziali acquistate in ciascheduno di essi".

Un corpo scagliato verticalmente in alto cessato l'impeto della forza projettile ricadrà secondo quella stessa direzione per cui era asceso non essendovi alcuna bastevol causa, che lo costringa a declinare a dritta, o a sinistra. Se poi la forza projettile spinga il corpo orizzontalmente, il medesimo descriverà cadendo una linea curva, la quale non è che la composizione della forza centripeta cioè della tendenza al centro, che conserva malgrado la forza projettile, e della forza tangenziale acquistata per mezzo della projezione.

Alla gravità appartiene ancora il centro di equilibrio, ossia centro di gravità od anche centro della massa. Altro egli non è, che quel punto, sopra il quale il volume di un corpo si mantiene equilibrato, e il peso tutto, e gravità della massa si trova come accumulata. Questo punto può essere, o inferiore, o superiore al corpo. Suppongasi un perno acuto posto in vertical direzione; quindi un circolo di qualsivoglia solida materia si sovrapponga alla sommità del perno surriferito in modo, che il centro del circolo, e la cima del perno sieno fra loro esattamente a contatto si vedrà che il circolo resterà perfettamente in equilibrio per essersi accumulata tutta la sua gravità sopra il proprio centro, e la cima del perno; in questo caso il punto, o centro dell'equilibrio sarà inferiore alla massa del corpo equilibrato. Un tal punto sarà al medesimo superiore se per cagion d'esempio si sospenda un corpo qualunque all'estremità di un filo, nel qual caso il centro di gravità sarà nell'altra estremità del medesimo, la quale viene volgarmente chiamata punto di sospensione.

Il centro di gravità può ancora esser comune a due corpi come tuttogiorno scorgiamo nella volgar bilancia, nella quale due masse del peso medesimo, e poste nella medesima distanza dal centro di gravità opponendo le loro forze, e non potendo l'una prevalere all'altra perchè il centro di gravità agisce egualmente sopra ambedue, ne risulta un perfetto equilibrio. Che se l'una delle due masse opposte giunge a superare ed elevar l'altro corpo per ritornar l'equilibrio converrà dare al centro di gravità una maggior forza sopra il corpo preponderante, ed avvicinarlo, per conseguenza al medesimo sino a quel punto in cui l'altro corpo ritorni ad eguagliarlo, ed a mantenersi col medesimo in orizontal direzione.

All'enunciata dottrina del centro di gravità spetta ancora quella della linea di direzione cioè di quella perpendicolare, che dalla sommità di un corpo discender deve alla sua base per mantenerlo in equilibrio. Se per cagion d'esempio un uomo s'inchini obbliquamente per linea retta nella parte anterior del suo corpo egli dovrà necessariamente cadere, se ad impedirlo egli non avvanza il piede in modo, che sopra di esso cada perpendicolarmente dal capo la linea di direzione, ciò, che la natura medesima ci spinge a far tuttogiorno per un moto abituale fatto bene spesso senza saperne la causa.

Ciò è quello, che di comune consenso viene ammesso intorno alla forza di gravità, sopra la quale fu ragionato da' Filosofi fino da' secoli più remoti, e che posto finalmente in tutto il suo lume è al presente di grandissima utilità alle Fisiche, Meccaniche, e Architettoniche dottrine, e dà anche al dì d'oggi ai moderni Filosofi un aperto vastissimo campo di osservazioni, e scoperte.


EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Giacomo Leopardi, Tutte le opere", a cura di Lucio Felici, Lexis Progetti Editoriali, Roma, 1998







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